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  1. Goldrake Vs Mazinga

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    FF Goldrake Vs Mazinga
    By Luce il 16 April 2024
     
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    GOLDRAKE VS MAZINGA

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    Appena arrivata a casa, Jun buttò a terra il borsone che conteneva i suoi abiti: con quel gesto rabbioso, parte del contenuto si sparse sul pavimento, ma a lei parve non importare nulla.
    Era alquanto arrabbiata, per tutto il viaggio in macchina con Testuya non aveva mai parlato, ma aveva tenuto ostinatamente lo sguardo fisso sul panorama che li circondava.
    Dal canto suo, Testuya, dopo averle rivolto un paio di domande senza risposta, aveva gettato la spugna e si era lanciato a grande velocità sulla strada deserta circondata da alte montagne sulla destra, mentre, sul versante opposto, la verde pianura era qua e là bagnata da rare pozzanghere d’acqua.
    Aveva una gran voglia di tornare a casa, il malumore silenzioso e ostinato di Jun gli aveva fatto venire una gran nostalgia del suo luogo abituale, del dottor Kabuto e anche… incredibile a dirsi, anche di Shiro, Boss e compagnia.
    Erano stati via solo un paio di giorni a causa di un’emergenza: alla Fortezza della Scienza era arrivata una telefonata inaspettata.
    «Siamo d’accordo, vi aspettiamo al più tardi domani nel primo pomeriggio, la saluto dottore.»
    Il dottor Procton chiuse la comunicazione in presenza di tutti i suoi collaboratori del Centro, compresi Actarus, Alcor e Venusia.
    «Come già sapete, gli attacchi dei veghiani si fanno di giorno in giorno più aspri e pericolosi, quindi il dottor Kabuto, col quale ho appena parlato, manderà qui il pilota del Grande Mazinga e la ragazza che lo aiuta nelle battaglie, Jun.»
    Tacque alcuni istanti per poi aggiungere: «A quanto pare, il malvagio re Vega ha chiamato alla base lunare il comandante Barendos, affidandogli la missione di distruggere Goldrake e dopo conquistare finalmente la Terra: da soli non possiamo farcela, il TFO di Alcor non ha armi abbastanza potenti e non può intervenire nel caso tu, Actarus, fossi in grave difficoltà.»

    Nel frattempo, alla base lunare il nuovo comandante già cantava vittoria davanti agli sguardi increduli e attoniti di Gandal e Hydargos.
    «Riuscirò sicuramente nell’impresa che mi è stata affidata dal sovrano, quindi sarò promosso Comandante di Primo Grado Assoluto e voi due dovrete sloggiare! Ah, ah, ah!»
    «Questo lo vedremo… ride bene chi ride ultimo…» risposero tra i denti e masticando rabbia repressa i due collaboratori di Vega.
    La jeep con a bordo Jun e Tetsuya, si fermò davanti alla grande porta a vetri del Centro di Ricerche Spaziali. Alcor, che li aveva visti per primo, corse loro incontro.
    «Ciao, ben arrivati, avete fatto presto!»
    «Eh sì, la strada era deserta!» gli rispose Tetsuya tendendogli la mano.
    «Per forza era deserta, hai scelto quella piena di buche e avvallamenti, chi vuoi che sia tanto idiota da prendere quella, invece della superstrada!» borbottò Jun, mentre dal portabagagli estraeva la sua roba.
    Alcor li accompagnò subito nelle loro stanze, lui, intanto, li precedette nello studio di Procton.
    Dopo un breve scambio di vedute con tutti i componenti del Centro Ricerche, i quattro piloti decisero di effettuare un ampio giro di ricognizione per escludere qualsiasi pericolo nascosto dei veghiani.
    Tornarono poco dopo il tramonto: sapevano bene che la mancanza di segnalazione di presenze sospette non significava certo che il nemico avesse alzato bandiera bianca.
    Il giorno dopo, infatti…
    «Appena finita la colazione, vi porterò a fare un giro per tutta la fattoria, poi una bella galoppata tra i boschi, poi…» diceva Rigel nella cucina del ranch.
    Aveva riempito la tavola di tutto e di più, intanto continuava a versare caffè nelle tazze dei suoi ospiti non appena vedeva che si svuotavano.
    Jun e Tetsuya erano quasi imbarazzati da tutte queste premure, quasi non sapevano cosa rispondere.
    Non erano abituati a tutto questo… entrambi orfani, la prima infanzia segnata dalla mancanza di una famiglia vera e, appena ragazzi, subito in campo a combattere, rischiando la vita ogni volta… Nei momenti di tregua, sempre e solo allenamenti massacranti… mai uno spazio per loro; lamentarsi, soffrire, era assolutamente proibito.
    In questa fattoria, respiravano un’aria diversa e non era solo l’odore dell’erba appena tagliata, dei mille profumi portati dalla brezza, era qualcosa di impalpabile e indefinito… era quel qualcosa che a loro era sempre stato negato, ma ora Jun sentiva di non poterne fare più a meno, anche se non sarebbe riuscita a tradurre in parole e nemmeno in pensieri tutto ciò.
    La radio al polso di Actarus mandò il solito segnale lampeggiante.
    «… va bene padre, veniamo subito.»
    Gli altri capirono al volo, quindi si alzarono svelti da tavola, Alcor prese la jeep, Jun e Tetsuya salirono dietro, mentre Venusia correva al Centro sulla moto guidata da Actarus: lei voleva essere sempre presente quando si svolgeva una battaglia. Coi suoi grandi occhi dilatati per l’angoscia, seguiva dal video dello studio di Procton la battaglia contro un nuovo mostro veghiano. Aveva paura, ma non voleva trasmetterla ad Actarus e Alcor, anzi, faceva sempre il possibile per incoraggiarli, e molte volte i suoi piccoli ma preziosissimi consigli erano stati fondamentali per la vittoria.
    «Dottor Procton, sullo schermo sono comparse tre formazioni di minidischi» lo informò Hayashi, trattenendo a fatica un tremito nella voce.
    «Li ho visti. Tu, Actarus, esci subito con Goldrake, intanto Tetsuya e Jun si terranno pronti per intervenire; Alcor, invece, sarà di aiuto per distrarre il mostro che esce sempre una volta che i minidischi sono stati distrutti.»
    «Va bene» risposero in coro tutti e quattro i piloti.
    Nel cielo turchino pennellato da qualche rara nuvoletta rosa, un gigantesco storno di minidischi avanzò minaccioso, coprendo di scuro l’atmosfera.
    Goldrake li distrusse tutti con il maglio perforante, l’alabarda spaziale e i missili: prima che l’ultimo disco esplodesse, ecco materializzarsi il grande mostro di Vega, tutto verde e coperto di punte aguzze.
    In quel mentre, arrivarono il Grande Mazinga, pilotato da Tetsuya, e Venus Alfa, guidata da Jun.
    Il mostro fu subito circondato, ma non pensò certo a ritirarsi: dai suoi occhi uscirono raggi multicolori che aggredirono subito i tre robot, i quali, per alcuni secondi, furono incapaci di reagire.
    Da dietro, il TFO di Alcor sparò alcuni missili sulla testa del robot e, quando questi si distrasse per vedere chi lo aveva colpito, il Grande Mazinga gli piombò addosso con un rabbioso attacco kamikaze.
    «Non così, dobbiamo colpirlo tutti insieme» gli gridò Actarus, ma Tetsuya, in risposta, si accanì ancora di più col mostro.
    «Io posso farcela benissimo da solo, ho fatto a pezzi robot ben più terribili di questo!» gli gridò con tutto il fiato e l’arroganza che aveva.
    «Questo significa solo rischiare la vita inutilmente, se non siamo uniti, è impossibile vincerlo.»
    Approfittando di un attimo di difficoltà di Mazinga, Goldrake e Venus Alfa aggredirono il mostro con lame affilate e raggi demolitori; dopo minuti di lotta incessante che a loro parvero interminabili, il tuono spaziale lo ridusse definitivamente in briciole.
    Dall’alto del suo TFO, Alcor gridava vittoria, sparando, per sicurezza, qualche altro missile.
    Tornarono alla base e, una volta atterrati, Tetsuya apostrofò Jun, guardandola dall’alto al basso, con: «Guarda come sei ridotta, il tuo robot è quasi a pezzi e tutto sporco di fango.»
    «Forse non ti sei reso conto di quello che ho passato. Potresti anche ringraziarmi, invece di criticare!»
    Lui non raccolse, si sistemò meglio la tuta spaziale, gli occhiali e salì sull’auto.
    «Non restate ancora con noi? Procton vuole salutarvi e sarà lieto di avervi ospiti a cena» disse Alcor.
    «Salutalo tu per me, a casa ci aspettano, ciao!» disse mentre l’auto era già partita, sollevando nella corsa nuvole nere di gas e polvere.
    Tetsuya corse subito alla Fortezza della Scienza per incontrarsi col dottor Kabuto, mentre Jun, nella sua camera, si accinse a scrivere in un quaderno tutto quello che le premeva dentro.

    Caro diario,
    in questi giorni, tutta la mia vita è cambiata. Non su fatti
    esteriori, la rivoluzione è solo dentro di me.
    Mi sono resa conto che, fin dalla nascita, ho vissuto ai margini della mia esistenza, sono stata spettatrice e, quelle rare volte che i miei problemi interiori sono venuti fuori, sono stata accusata di stupidità ed egoismo.
    La mia razza, il fatto di essere orfana, il colore della mia pelle, mi facevano soffrire, ed era inutile parlarne con le persone più vicine: la loro fredda incomprensione non ha fatto altro che aggravare la mia confusione, stimolare il senso di colpa, perché tardavo a scendere in campo col mio robot ad affrontare il nemico. Non ero una persona, ma una minuscola tessera di un grande mosaico, insignificante, ma necessaria.


    Jun posò un attimo la penna e guardò fuori: il prato, gli alberi e il frinire di insetti la riportarono con la mente al ranch Makiba. Le sue labbra si stirarono in un sorriso che veniva dal cuore, perché ora si sentiva una persona, una che vale, che può e deve essere fiera di sé stessa, avere, dare e pretendere rispetto e considerazione da tutti.

    Ora sono e mi sento bella… bella dentro e fuori: il colore ambrato della mia pelle mi dona moltissimo, come ho fatto a non accorgermene prima?
    Quel ruscello, la cascata, i fiori e gli insetti… eravamo andati a fare un lungo giro insieme agli altri… ho visto riflettersi negli occhi di Venusia lo sguardo di Actarus: ho toccato quasi con mano l’accettazione del proprio essere, il loro modo di guardarsi e guardare tutti, non lasciava adito a dubbi.
    Avrebbe guardato anche me allo stesso modo se fossi stata al suo posto e poi… quella premura, il timore che qualcuno di loro potesse correre qualche pericolo… il venirsi incontro, l’aiutarsi in ogni cosa… quel mazzolino di fiori di campo in mano e una primula dietro l’orecchio.
    Anche se non l’ho visto, sono certa che nessuno di loro si snerva in allenamenti massacranti al di sopra delle proprie forze, nessuno opprime o svilisce l’altro…


    La ragazza smise di scrivere, mentre lo sguardo appannato da un velo liquido andava oltre l’orizzonte.
    Si alzò, aprì l’armadio decisa a fare ordine: buttò a terra vecchi abiti che le ricordavano tristi episodi, quelli troppo scuri e senza forma e li mise tutti dentro un sacco.
    «Più tardi andrò a buttarli e comprare cose diverse. Da oggi inizia una vita nuova: la vecchia Jun è morta, ora quella che è sembra rimasta in ombra e dietro il sipario è sulla scena. È pronta a riscrivere tutta la sua vita… se ne accorgeranno tutti… e dovranno accettarmi e rispettarmi come sono» disse a voce alta, con un gran sorriso che le veniva dal fondo del cuore; sul davanzale, l’allegro cinguettio di un pettirosso diede approvazione alle sue parole.


    FINE
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