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    FF Visite mediche
    By Luce il 17 April 2024
     
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    VISITE MEDICHE

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    “Avanti le prossime: le signorine… Venusia Makiba e Maria Grazia Fleed!”
    Le due ragazze entrarono nello studio e il dottore le ricevette cordialmente consegnando loro il risultato delle analisi.
    “Complimenti, sono perfette, non c’è nemmeno un asterisco! Molto bene, continuate così!”
    “Grazie dottore, le posso fare una domanda?” chiese Venusia titubante e con una punta di apprensione nella voce.
    “Prego, chieda pure.”
    “Gli esami di mio padre, come vanno?”
    Il dottore sorrise e la tranquillizzò subito.
    “Vanno bene, non si preoccupi, solo una raccomandazione: tende ad avere la pressione un po' alta, quindi qualche caffè e arrabbiatura in meno magari. L’ho visto piuttosto nervoso, ma deve far parte del suo temperamento, credo.”
    Venusia sorrise e capì al volo, mentre Maria rideva di cuore portandosi una mano alla bocca.
    Uscirono svelte, avevano molte commissioni e faccende da sbrigare: c’era ancora una lunga fila di persone che attendevano il proprio turno.

    Di recente, un importante studio medico si era offerto di fare esami gratuiti nella zona del ranch Makiba, quindi anche i proprietari delle fattorie confinanti erano stati invitati.
    Il laboratorio di ricerche del Dott. Procton era il luogo ideale: grande, spazioso, moderno e luminoso. Per tre giorni aveva ospitato oltre un centinaio di persone che, fin dall’alba, si erano recate per i prelievi, e ora attendevano il loro turno per ricevere il responso insieme ad un breve, ma esauriente colloquio col medico.
    Procton diede un lieve colpo sull’uscio, poi mise il capo dentro la porta: “Scusi, dottore, posso far entrare adesso due persone? Hanno piuttosto fretta.”
    “Chi sono?” chiese il medico guardando al di sopra degli occhiali.
    “Sono madre e figlio, Hara e Banta Harano.”
    “Un momento, loro due per ultimi se non le dispiace, devo fare un discorso piuttosto lungo.”
    Dopo un’ora e mezza, i due vicini di Rigel, finalmente poterono entrare.
    “Prego, accomodatevi, scusate se vi ho fatto aspettare, ma devo farvi un discorso molto serio e complesso, quindi ascoltatemi bene.”
    Il dottore aveva buttato gli occhiali sulla scrivania e teneva le punte delle dita premute sugli occhi, nel duplice tentativo di riprendersi un attimo dopo le fatiche della mattinata e concentrarsi al fine di spiegarsi bene coi due che gli stavano di fronte.
    Hara e Banta lo ricambiarono con un’espressione ebete e impaziente: la fattoria e gli animali reclamavano la loro presenza da molte ore, e anche il loro stomaco dava chiari segni di languore per il prolungato digiuno.
    “Dunque, voi siete madre e figlio, giusto?”
    I due assentirono con un cenno del capo.
    “Sarò chiaro: così non potete andare avanti, da oggi dovete subito cambiare regime se volete una vita lunga e in buona salute”, disse loro il dottore fissandoli dritto negli occhi.
    Tirò fuori la cartella con le analisi e gliele mise davanti, poi con la biro teneva il segno perché potessero seguire le voci che elencava.
    “Colesterolo: la signora ha ben 350, suo figlio 370.
    Glicemia: veramente troppo alta, diabete dietro l’angolo!
    Trigliceridi: 500 mg.
    Pressione arteriosa: non ve lo dico, altrimenti si alza ancora.
    Non sono qui per spaventarvi, ma per aiutarvi ora che siete ancora in tempo: vedete, in questa lista è indicato un regime alimentare che dovete seguire, altrimenti non sperate di vivere a lungo e tantomeno in buona salute. Mi spiego?”
    “Scusi dottore, ma noi lavoriamo tutto il giorno, se non mangiamo cadiamo a terra svenuti; il mio Banta deve ancora finire di crescere…” l’interruppe Hara con tono che non ammetteva repliche.
    “Signora, evidentemente le entrate superano le uscite. Intanto, siete entrambi decisamente sovrappeso, dovete darvi una regolata; se lei continua così, tra qualche anno mi rimane paralitica, e in tali condizioni, come pensa di poter lavorare? Gotta, diabete, ipertensione, le dicono niente queste parole? Suo figlio cosaaaaaaa? Deve finire di crescere? Mi faccia il piacere, è cresciuto abbastanza, è ora di finirla! Guardi che dico sul serio, o cambiate subito, o la vostra vita durerà ancora pochi anni, fate voi, io vi ho avvertiti.”
    “Cosa dobbiamo fare? Non capisco”, borbottò Hara.
    “Ripeto: qui c’è uno schema alimentare, voi lo seguite, tra un paio di mesi mi ripetete tutte le analisi, poi facciamo il punto della situazione.”
    “Veramente noi stiamo già bene così, siamo pieni di salute…”
    Il dottore si alzò arrabbiato, buttando gli occhiali sul tavolo.
    “State scoppiando di salute, altro che storie! Non mi crede? Allora, mi dica perché questa mattina è venuta qui in ciabatte, mentre ieri calzava stivali di gomma! Forza, me lo dica, io ascolto.”
    “Ma… ecco, io…”
    “Semplicemente perché trattiene i liquidi! Già le stavano stretti quegli orrendi affari verdi di plastica, oggi non le entrano più! E non mi tiri fuori il solito discorso che ormai è una frase fatta: elevato tasso di umidità, fa più caldo, di conseguenza il gonfiore è inevitabile, bla, bla, bla. Tutte scuse!” urlò a tonsille spiegate battendo un pugno sul tavolo.
    “E perché trattiene i liquidi, secondo lei?” l’apostrofò puntandole il dito.
    Silenzio di tomba nello studio.
    “Perché mangia male, troppo salato, troppo unto, troppo tutto, ecco!!!”
    “Va bene ho capito, non sono mica di coccio sa, non c’è bisogno di scaldarsi tanto” bofonchiò Hara risentita e offesa.
    “Se è vero che ha capito, io oggi mi invito a pranzo a casa sua, cosa mi offre? Dica, l’ascolto” chiese il dottore recuperando tutto quel che aveva rimasto della sua pazienza. Stava in bilico su una gamba della sedia a braccia conserte in attesa del menu tutto salute.

    Hara congiunse le mani e, illuminandosi, diede fondo a tutto il suo repertorio gastronomico, vantandosi di essere un’ottima cuoca, la migliore di tutta la zona.
    “Mi avevano offerto un posto in un locale dicendomi: decida lei il salario, ma ho dovuto rifiutare, la fattoria mi impegna così tanto che…”
    Il dottore la bloccò subito con un gesto della mano.
    “Cosa trovo in tavola, se oggi sono ospite da lei?”
    Dentro quello studio, venne sciorinato l’elenco di tutti i piatti messicani e giapponesi più elaborati, grassi, saporiti che lei conosceva.
    Hara continuava ad accrescere con parole e gesti il suo vastissimo repertorio.
    Il dottore in silenzio si alzava, sistemava le sue cose dentro la valigetta, controllava non mancasse nulla dalle tasche e si avvicinava all’uscita.
    “Allora, a dopo vero? E’ nostro gradito ospite!”
    Tese loro la mano e li liquidò con questa frase in tono asciutto e neutro: “Ho il carnet pieno di impegni per i prossimi due anni a venire: impegni ai quali non posso assolutamente mancare, quindi declino l’invito, perché non potrei certamente onorarli se mangio anche uno solo di quei piatti che intende rifilarmi. Vi saluto, state bene e a mai più arrivederci.”
    Uscì alla svelta: il Dott. Procton intanto, lo salutava e ringraziava con calore, augurandogli un felice rientro.

    Hara e Banta uscirono perplessi buttando di tanto in tanto un’occhiata ai fogli: avevano capito poco durante la visita, capivano ancor meno leggendo quei numeri con istruzioni annesse.
    Alla fine decisero che era qualcosa di oscuro, mafioso forse, era meglio per tutti liberarsene una volta per sempre. Buttarono nel primo cestino che incontrarono tutta quella inutile carta e, sollevati, corsero al supermercato per la mega spesa settimanale.


    L’assistente del luminare scienziato entrò nella sala d’aspetto dove i coniugi Gandal attendevano il loro turno.
    “Potete entrare, il dottore vi aspetta.”
    La ragazza aprì la porta e la richiuse subito alle sue spalle, dopo averli fatti accomodare: teneva in mano una cartella, era giovane e graziosa, molto professionale nei modi e l’atteggiamento.

    I Gandal intanto, due esseri in un corpo solo, con una certa soggezione fissavano le pareti dello studio austero, mentre l’illustre medico sfogliava con pignoleria estrema la loro cartella clinica, si soffermava sulle date, i controlli, ma soprattutto non si stancava mai di esaminare con minuzia l’intero fascicolo dove nel dettaglio era descritta l’operazione subita da Gandal dopo che l’astronave sulla quale viaggiava insieme a Hydargos aveva preso fuoco e il suo sottoposto era perito nel frontale contro Goldrake, mentre “lui-loro” si “era-erano” salvati per miracolo.
    Alla parete era appeso un quadro dove si attestavano tutti i titoli conseguiti dal professionista: medico chirurgo, neurologo, master in psichiatria, laurea col massimo dei voti e con lode, corsi all’estero, l’elenco era infinito… e anche l’attesa, ma quanto ci metteva a parlare?
    I due coniugi stavano composti: in tacito accordo avevano equamente diviso il cranio metà maschile e metà femminile, per agevolare il colloquio e la diagnosi.
    Si sentivano come due scolaretti in attesa del voto sul compito svolto, nemmeno di fronte al loro sovrano erano mai stati così in soggezione: volevano dare buona impressione e si ripromettevano di parlare educatamente e non scavalcarsi come spesso facevano.
    Finalmente il dottore finì di ordinare meticolosamente i fogli, chiuse la cartella e con gli occhi fissi su di loro si pronunciò.
    “Il vostro caso mi era già noto, in quanto ai tempi dell’incidente e della successiva operazione, ci sono state diverse pubblicazioni sul fatto, anche all’estero, anzi, in molte università viene studiato, alcuni studenti azzardano l’argomento di discussione nella tesi di laurea, si prova a ripetere l’operazione usando cavie, la ricerca continua.”
    Una pausa, mentre con una biro tracciava strani segni sul foglio.
    “Come già sapete, io ho diverse lauree ed altrettante specializzazioni e da quanto emerge dalla vostra cartella non vedo patologie di sorta, anzi, mi complimento con voi per le ottime analisi. Credo quindi che il movente che vi ha fatto scomodare per arrivare fin qui, sia di natura ben diversa da malattie e diagnosi standard. Chi se la sente di cominciare?”

    Lady Gandal prese subito la parola.
    “Ecco, dottore, io ho alcune cose molto importanti da dire. Prima di tutto, dal giorno in cui ci fu quel terribile scontro e il successivo incendio, si è sempre dato solo importanza a mio marito perché era la parte visibile, quella che tutti vedevano, operavano, curavano, ma nessuno, dico nessuno, si è preoccupato per me, di come mi sono sentita in quei terribili momenti, del dolore fisico, della solitudine, del senso di soffocamento. Per diversi giorni non sono mai potuta uscire e, non ultimo, a nessuno è mai importato come… come io mi sentivo e mi sento tutt’ora con un altro aspetto: non ho più un corpo solo mio e quindi femminile, ma lo condivido con il mio coniuge, che è un corpo maschile!”
    La donna aveva parlato con foga e il suo respiro diveniva sempre più affannato, ma si vedeva che era solo all’inizio del suo sfogo, quindi prese fiato e continuò.
    “Quando ci fu l’incendio, la faccia visibile dall’esterno era solo quella maschile, ma io ero dentro, credevo di bruciare, mi sentivo davvero incendiare: ho cercato di uscire come facevo sempre quando avevo un corpo molto piccolo, ma solo mio. La porta era sigillata, chiusa a doppia mandata. Ho capito che era la fine, non sarei sopravvissuta, e credo a quel punto di avere perso i sensi.”
    “Cosa ricorda del dopo, di quando si è ripresa, e quando ha avuto contatto con la realtà?” domandò lo scienziato fissandola con gli occhi stretti in due fessure, mentre continuava a scribacchiare strani geroglifici.
    “N… non lo so… non ricordo, ho rimosso, io…”
    La voce si incrinò dall’emozione e per alcuni minuti le fu impossibile parlare.
    “Prenda un po' d’acqua, poi vada avanti, è molto importante.”
    “Qualcuno ha accennato che sono rimasta in coma alcuni giorni, ma non l’ha detto a me, è un qualcosa che ho captato nell’aria, perché, ripeto, non mi è stato spiegato niente, o meglio, niente sul mio stato di salute e trauma, perché quando tutto si è risolto, i miei compiti e ruoli di responsabilità lavorativa, mai vennero trascurati. In poche parole, vedendo che ero in salute, per tutti ero a posto.”
    “Dalla foto del suo stato fisico precedente, noto infatti che lei era tutta un’altra persona, se non sapessi fosse lei, non potrei riconoscerla, quindi il suo processo di elaborazione al cambiamento è appena iniziato, la sua identificazione con sé stessa è ancora allo stato embrionale, molto primitivo.”
    Dopo una breve pausa aggiunse: “Questo momento delicato, come lo vivete? C’è supporto reciproco?” indagò il dottore puntando la punta della matita ora all’uno, ora all’altro con fare inquisitorio.
    “Certamente dottore, garantisco io! Amo, stimo e ammiro mia moglie, non potrei vivere senza di lei, non le faccio mancare niente…” gridò Gandal battendosi il petto con orgoglio.
    “Un momento!” con un gesto della mano, il medico lo interruppe.
    “Se mi dice che non può vivere senza di lei, ha scoperto l’acqua calda! Ognuno di voi due rimane in vita finchè l’altro è vegeto, i vostri organi vitali sono in comune. Quello che volevo sapere è se, quanto ora la signora ha appena illustrato, ne aveva già parlato con lei, se c’è sostegno morale, confidenza, insomma. Guardi questo volume di Erich Fromm: “L’arte di amare.”
    Sfogliando le dita, elencò uno alla volta i presupposti fondamentali della vita di coppia scritti in quel volume: “Rispetto, Responsabilità, Conoscenza, Premura.”
    “Che cosa sono?” chiese Gandal cascando dal pero.
    “Sono quelle cose che a voi mancano completamente da quanto vedo, e questo è un lavoro che dovete fare insieme, sennò non ne uscite, perché, parliamoci chiaro, se uno di voi due si stanca del coniuge, si innamora di un altro, vuole fare un viaggio da solo, o ancora divorziare, non lo può fare, quindi si deve trovare un modo giusto per coabitare. Né la parte maschile, né la parte femminile devono prevalere, non devono sopraffarsi, ma integrarsi, pur mantenendo due ruoli ben distinti. Nel vostro caso, la signora parte svantaggiata per almeno due motivi: uno, è stato lo stravolgimento totale della sua immagine esteriore, il secondo è che ora di femminile ha solo la faccia, il corpo no, mentre prima era autonoma, una miniatura di donna, ma singola, staccata, anche se entrambi legati a filo doppio. Mi spiego?”
    Entrambi assentirono col capo.
    “Ci sono domande?”
    “Sì, vorrei capire ancora una cosa, dottore. Quando ero dentro la testa di lui, non mi curavo del mio aspetto, né della mia persona, ora invece ci tengo moltissimo e non sa quanto mi pesi non poter indossare dei begli abiti, sandali tacco dodici, per non parlare di quegli artigli che lui tiene al posto delle unghie.” Abbassando la voce, aggiunse: “Si lava poco, quando dorme russa, è villano…”
    “Io sono a posto così, invece, ho capito e ho fretta di rientrare alla base” disse lui.

    “Va bene, potete andare, ma vi fisso un altro appuntamento per il mese prossimo, voglio vedere dei cambiamenti. Per prima cosa leggete il libro che vi ho dato, poi mi consulterò coi colleghi per sapere se sarà possibile, attraverso un’operazione, dividere anche il resto del corpo metà donna e l’altra metà uomo.”
    Gandal si alzò dalla sedia furibondo.
    “Questo mai e poi mai, non lo permetto, io non intendo operarmi mai più, altrimenti chiederò il divorzio!”
    Il dottore si alzò, lo scrutò a lungo con aria grave, tese la mano e disse: “Vedo con piacere che ha seguito con molta attenzione tutto il nostro colloquio, quindi non c’è bisogno di altri appuntamenti, addio.”
    “Io invece voglio tornare”, disse la moglie inviperita, “E se tu non vorrai seguirmi, verrò da sola!”
    “L’uscita è da quella parte, buona serata” li congedò il medico scuotendo il capo.
    Quel giorno, realizzò che tutte le sue lauree, master e aggiornamenti, erano diventati all’improvviso solo carta straccia.



    FINE
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