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  1. Single è bello

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    By Luce il 17 April 2024
     
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    SINGLE E’ BELLO

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    Di solito si pensa che Duke Fleed sia fuggito dal suo pianeta a bordo del suo disco, perché tanto non c’era più niente da fare e restare lì non aveva senso, visto che Vega aveva pensato bene di raderlo al suolo con una mega bomba al vegatron. Anche per questo, certamente, ma non solo.

    Il principe di Fleed non ne poteva più di avere delle donne adoranti ai suoi piedi, ecco il motivo principale!
    Quando aveva visto quel macello che il suo nemico aveva combinato, si era detto che non tutti i mali venivano per nuocere. In mezzo a quella carneficina, per forza di cose, c’era anche una nutrita schiera di fanciulle adoranti e appiccicose molto più dell’attaccatutto, che smaniavano attorno a lui dalla mattina alla sera… e anche di notte, perché ad ogni alba, qualcuna sbucava da sotto il letto, un’altra dall’armadio, una stava nel guardaroba quale sarta improvvisata… terribile! Peggio dell’invasione delle cavallette!
    Ne trovava sempre una o due nascoste dentro la sua navetta quando decideva di andarsene tutto solo a trovare il suo amico Marcus per distrarsi. Appena toccava il suolo, eccole sbucare dal nulla. Moine, baci, frasi zuccherose: “veniamo con te, da solo ti annoi, che bel posto, andiamo a divertirci…”
    Uno stillicidio. La cosa era anche piuttosto imbarazzante: che la gente non si mettesse in testa che lui facesse così per mettersi in mostra! Nooo! Erano loro! Ma non poteva dirlo per almeno due motivi: non gli avrebbero creduto, oppure avrebbe fatto la figura del pavone. Meglio evitare altre figuracce.

    Intendiamoci: gli andava benissimo stare con la sua storica fidanzata Naida, nonché amica d’infanzia, questo senza dubbio. Erano molto affiatati, c’era intesa fisica, trasporto… e il bello era anche quando per qualche giorno decidevano di comune accordo di non vedersi e andarsene ciascuno per i fatti propri.
    Quello che non gli andava bene era l’assillo, il corteggiamento continuo e disperato di troppe femmine adoranti che sempre gli stavano tra i piedi, in casa, in giardino, a passeggio… ovunque, insomma!

    “Ad ogni modo, adesso è acqua passata!” si era detto il principe senza corona quanto era atterrato sul pianeta blu e un certo dottor Procton si era preso cura di lui, spacciandolo per suo figlio.
    “Qui non c’è nessun sentore di incastratrici! Sono in Paradiso!” disse un mattino appena sveglio, stirandosi con gusto.
    L’overdose di ragazze adoranti era stata così eccessiva, che la solitudine era solo una benedizione.
    Sarebbe stato meglio che avesse atteso qualche tempo, prima di cantare vittoria.
    Il padre adottivo, infatti, pensò bene di inserirlo come stalliere dal suo vecchio e caro amico Rigel, il quale aveva due figli: Venusia e Mizar.
    La ragazza, oltre al fatto che aveva sempre vissuto ai margini della città, quindi con rare occasioni di fare amicizie soprattutto maschili, aveva dei pretendenti che non erano affatto di suo gusto.
    Vedere un bel giovane aitante, dallo sguardo azzurro, dal fascino misterioso e innamorarsene in meno di un battito di cigli, fu una cosa sola.
    Si incollò al suo braccio e nemmeno i duri lavori che con lui condivideva (che bello!) riuscirono a staccarlo. Mai!
    “Ecco che ci risiamo!” si disse il giovane, appena capì di essere ancora sotto le grinfie femminili.
    Il suo animo oppresso si aprì alla speranza, quando Alcor, pilota e ideatore del TFO, arrivato da poco al ranch Makiba, palesò il suo interesse per la bella Venusia.
    Dato che i corteggiatori non vengono mai soli, anche il suo vicino di casa, Banta, un messicano dai modi spicci e diretti, si dimostrò molto attratto da lei e glielo fece capire senza mezzi termini.
    Purtroppo, oltre all’indifferenza della ragazza per i due giovani, ci si mise anche il padre di lei, allontanandoli a colpi di fucile se solo intravedeva che le stavano ronzando attorno dalla sua altissima torre di controllo (faceva solo finta di contattare gli alieni, in realtà difendeva l’onore della figlia).

    Duke Fleed, ora divenuto Actarus per motivi logistici, stava perdendo le speranze e la depressione avanzava. La “singletudine” tanto agognata non era che un lontano miraggio, sempre più vago.
    Il dottor Procton non aveva nessuna spasimante, beato lui! Che segreto aveva? Mah!
    Stava il più possibile lontano dal ranch, gli attacchi veghiani erano attesi come una liberazione, perché in quei frangenti, lui cambiava aspetto, saliva sul suo disco e si lanciava nello scontro finalmente solo.

    Un bel giorno, finalmente, sembrò che la tanto attesa libertà si fosse profilata all’orizzonte.
    Venusia correva come una matta a cavallo per cercare un puledro disperso: era arrabbiata anche con lui perché non c’era mai.
    “La seguo, me l’ha detto Rigel, poi… ah, bè, se corre così in questa montagna stretta e pericolosa, non avrà scampo.”
    Infatti, il cavallo di Venusia la disarcionò, e lei prese il volo.
    “La seguo, così non posso avere rimorsi, se poi non faccio in tempo, pazienza!
    E così, Actarus prese le sembianze di Duke Fleed e riuscì appena in tempo a salvarla dalla rovinosa caduta sulle rocce. Gli aveva fatto pena il pensiero di suo padre… e anche Mizar, era solo un bambino, in fondo. Lui dopotutto era un nobile e non solo nel titolo, anche nell’animo.
    “Adesso che mi vedrà così e le dirò chi sono, non mi vorrà mai più! La partita è chiusa per sempre.”
    Infatti, lei rimase alquanto scossa a sentire quella rivelazione e scappò via.
    “E’ fatta, non mi vuole più vedere e se in aggiunta le mollo un ceffone con tutti i crismi (la sicurezza non è mai troppa), non vorrà mai più vedermi nemmeno in fotografia!”
    Non aveva assolutamente tenuto conto dell’ostinazione di Venusia, una peculiare caratteristica della sua personalità che lei ebbe poi occasione di dimostrare in diverse situazioni.

    Alla fine di quella massacrante giornata, dove perfino Hydargos l’aveva presa in ostaggio e minacciata di farla precipitare nel burrone, verso il tramonto e dopo un duello terribile col solito mostro veghiano e il puledro ritrovato in mezzo a loro due, sapete cosa aveva avuto il coraggio di dirgli?
    “Adesso capisco perché ogni tanto scomparivi dalla fattoria… Actarus, tu sei il difensore della Terra contro gli spaziali!”
    “Cosa le dico? Aiuto! Vediamo… allora… sono felice che tu mi comprenda Venusia, ma io sono Duke Fleed in realtà… non so se… ti vado ancora bene… l’hai capito che non sono terrestre?”
    “A me piaci come prima, più di prima, sei sempre lo stesso di quando ci siamo conosciuti.”
    Occhi a cuore, sorriso estasiato, panorama romantico ad alta tossicità diabetica… e l’approvazione del puledro… sì, aveva leccato le mani ad entrambi. Ma si poteva essere più sfortunati?

    Non era affatto finita, i veri guai dovevano ancora cominciare.
    Re Vega, aveva tenuto in ostaggio la sua ex fidanzata, Naida, aveva pensato che era arrivato il momento di buttarla sulla Terra, perché potesse ammazzare con le sue mani Duke Fleed.
    “Mi raccomando, quando lo incontri, uccidilo. D’accordo?” le aveva detto e ripetuto il sire, torturandola a piacere per essere certo che lei gli obbedisse.

    Il disco di Naida atterrò in mezzo alla neve e… i due giovani si corsero incontro felici (?)
    Diciamo che lui si mostrò contento, mica poteva arrabbiarsi perché quella piaga appiccicosa, lamentosa e petulante non era perita su Fleed come gli altri, no? A proposito: come aveva fatto a salvarsi?
    “Sono felice di vederti Naida… ma, scusa la domanda: perché non sei morta anche tu insieme agli altri?”
    “Non lo so. Sono scappata e non mi hanno più trovata.”
    “Ah…. Capisco… andiamo a casa mia, vuoi?”
    “Come no! C’è da chiederlo?”
    “Ma… in questi sei anni, ti sei mica fidanzata con qualcuno? Un veghiano magari? No?”
    “No, io amo e amerò sempre solo te.” Mano nella mano ad effetto colla presa rapida.

    Nello studio di Procton, Naida iniziò a raccontare con dovizia di particolari le sue drammatiche vicissitudini e dentro di sé, Actarus pensava: “Come avrà fatto a sopravvivere… mi sembra impossibile… se ciò che mi racconta è vero…. che abbia sette vite come i gatti?”
    Di fatto, in quelle poche settimane che Naida rimase sulla Terra, successero questi fatti in ordine cronologico:
    Duke Fleed la portò a cavallo facendola cadere di proposito e rotolare per un fosso, ma lei non si fece nemmeno un graffio. Lui le diede un piccolo e breve bacio, per darle ad intendere che era stato solo un incidente. Con premura, le chiese anche se per caso si fosse fatta male.
    Arrivati in prossimità di un lago, la ragazza pensò che era arrivato il momento per pugnalare il suo ex, dato che lui si era distratto a fissare la suggestiva bellezza del luogo e giocare con l’eco. Purtroppo, dato che lei prima di uscire si era cosparsa le mani con della crema molto unta, l’arma scivolò in acqua.

    Naida tentò di far esplodere Goldrake con una bomba, ma la cosa finì in uno scoppio di petardi stile ultimo dell’anno.
    Sempre Naida, aizzata dalla voce di re Vega impiantata con un apposito strumento dentro la testa, colpì con una sbarra di ferro il suo ex senza ammazzarlo (e lui ci rimase molto male al risveglio dal coma, perché così, l’incubo femmine appiccicose, sarebbe continuato).
    Un bel giorno, la ragazza, sentendosi di troppo, dato che Venusia le aveva fatto ben capire di farsi in là, si lanciò da sola in mezzo al cielo a combattere coi veghiani in un folle scontro suicida, e questa volta ci rimise davvero la pelle e per sempre.
    Ogni tanto, almeno una va liscia, no?
    Mica tanto, alla fattoria c’era sempre Venusia bella agguerrita e in forma più che mai!

    E adesso cosa si era messa in testa? Di combattere anche lei! Sì, col fischio!
    Nemmeno un attimo di pace neanche in combattimento, si potrà? I veghiani, saranno anche cattivi, ma almeno non si vogliono fidanzare, desiderano solo farti a fette; e che male c’è? Siamo in guerra, no?
    Alla fine, Venusia, si mise d’accordo con tutti gli abitanti del ranch, ed essendo la maggioranza, votarono per il suo ingresso quale novella pilota.
    Mossa strategica studiata a tavolino! Tutti contro uno, tanto valeva arrendersi e sperare che il suo Delfino Spaziale, un bel giorno, rimanesse incastrato in fondo al mare.
    “Se mai un giorno finirà questa guerra, me ne vado di corsa in un altro pianeta senza lasciare tracce”, si diceva tra sé Duke Fleed nei momenti più neri. Non poteva farlo subito, aveva dato la sua parola che avrebbe difeso la Terra fino alla fine.

    Passarono alcuni mesi e un’altra fleediana arrivò al ranch: stavolta era sua sorella per fortuna!
    “Speriamo diventi buona amica di Venusia, così staranno insieme il più possibile”, pensava il fratello.
    Maria era una brava pilota e guidando la Trivella Spaziale, si unì al gruppo: combinava qualche guaio, ma non erano cose gravi. E poi era così simpatica e divertente! Lei e Alcor erano due vere macchiette! Quando litigavano erano spassosissimi.
    Le cose gravi erano le ragazze che si volevano fidanzare e poi sposare, altrochè!

    Sposare… un momento… Rubina, la figlia di re Vega si voleva sposare con lui. E com’era accanita, non lo mollava un istante… però era il passato, un passato che non sarebbe mai più tornato, per fortuna.
    No, non era così. Un bel giorno di primavera, la dolce Rubina venne a sapere che Duke Fleed era vivo e vegeto, quindi meditò di incontrarlo subito in mezzo al cielo. In volo, lei lo riconobbe subito.
    “Non uccidermi, sono la principessa Rubina, non mi riconosci?”
    “Come? Rubina? Noooo!!!”
    “Sì, io. Parcheggiamo nel prato, va bene?”
    “E come faccio a dirle di no?”
    “Evviva! Quanto tempo è passato!”
    La principessa gli corse incontro estatica, ma lui, memore che ben due sosia lo avevano quasi ucciso (magari), cioè sua madre e suo padre en travesti, la bloccò subito.
    Siccome non c’è due senza tre, questa bella rossa chi era davvero?
    “Fermati! Dimostrami subito che tu sei realmente Rubina!”
    “Certo! Otto anni fa mi hai detto che sono bella come un fiore e che mi avresti sposata all’istante, anche nella barca su cui viaggiavamo.”
    “Un momento. Sul fiore ci sto, ma di sposarsi l’hai detto tu, cara! Non cambiare le carte in tavola.
    Ad ogni modo, eravamo solo noi due, quindi ti credo, sei davvero tu. Che vuoi adesso?” le chiese con un sospiro spazientito.
    “Che ci sposiamo subito, no? C’è stato un intoppo, però adesso siamo qui e ci mettiamo al lavoro.”
    “Cooosaaa??? Che lavoro, ma di cosa parli? Sei fuori come un balcone, te lo dico poi io.
    Poi, scusa, ma tu non sei la serva di Zuril?”
    “Io??? Quelle orribili zampacce verdi chissà dove sono ora. Ti sei visto un film, sai?”
    Nel dirlo, lei agitò le mani sulla fronte per fargli segno che stava vaneggiando.
    “Senti, le voci corrono e anche i giornali pettegoli, eccone qui uno, leggi!”
    La principessa diede un’occhiata e sentendosi colta in flagrante, tentò qualche vaga scusa.
    “Ma lo sai che i giornalisti sono dei gran bugiardi… fanno soldi così, inventando bugie sul conto dei nobili, ma non c’è niente di vero, credimi.”
    In quel mentre, la nave del ministro Zuril atterrò sul prato di fiori nanohana.
    “Ah, Rubina sei qui. Si può sapere perché sei partita senza dirmelo? Ti sei dimenticata che tu sei solo mia e non più una principessa? Sali sul mio disco e alla tua pantera tolgo subito il motore, così non la usi più.”
    Lui la prese per il gomito con fare da padrone, e senza tanti complimenti la obbligò a salire.
    Rubina, con la testa volta al suo principe, trascinata con forza da Zuril, in lacrime gli diceva: “Non è vero, è un infame, un porco schifoso, non credergli… si è voluto vendicare perché non l’ho voluto…”
    Poi, verso quel verme: “Smettila di tirarmi in quel modo! Ignorante! Sei sgarbato come l’aceto, mi fai schifo!”
    “Tu fai quel che ti dico io e senza storie, capito?” le gridò lui tenendola per un braccio.
    “Cosa ci facevi qui con lui? Gli hai dato appuntamento per cosa? Te lo dico io per cosa: volevi andarci a letto e subito anche, sì è così! Lo sai cosa sei? sei una… una… te lo dico quando siamo a casa!”
    A Rubina dalla rabbia le si erano gonfiate le venne del collo: tutto il suo livore esplose in un enorme sputo in faccia a Zuril.
    “Questa me la paghi! Fila dentro!” urlò lui puntando il dito verso la nave, mentre con l’altra mano tentava di pulirsi.
    “Ti sta bene! Ma di quale letto parli, sei scemo? Ne vedi qui uno per caso? Idiota!”
    Gridava lei con voce isterica e il viso in fiamme.

    “Ma te guarda! Bugiarda fino alla fine, nega anche l’evidenza! E quella sarebbe una principessa? Ma vedi come si comporta! Vai, vai che è meglio” disse a bassa voce il principe con disgusto.
    “Scampato pericolo, torno alla base.”

    Verso il tramonto, Actarus, Alcor, Venusia e Maria si godevano il panorama dal balcone del centro ricerche.
    Vennero chiamati all’improvviso dal dottor Procton.
    “Actarus, vieni qui, c’è un messaggio per te.”
    “Rubina! Ma… cosa?”
    Sul video, la Quenn Panther della principessa con lei a bordo, brillava nel sole morente.
    “Ho messo del sonnifero nella cena di Zuril, per molte ore non mi cercherà. Duke, se senti questo messaggio vieni da me, io ti aspetterò. Non volevo dirti bugie, ti spiegherò tutto a voce, è molto importante.”

    A notte fonda, nessuno riusciva a dormire, finchè Actarus decise di recarsi all’appuntamento perché voleva vederci chiaro e soprattutto levarsi dai piedi una volta per sempre quella noiosissima ex principessa di Vega. Glielo avrebbe detto chiaro e tondo una volta per sempre.
    Alcor, Venusia e Maria lo seguirono coi loro mezzi perchè non si fidavano.

    E infatti…

    Zuril si svegliò all’improvviso con un gran cerchio alla testa e in un attimo capì tutto.
    Quella sciacquetta l’aveva fregato come un pollo. Adesso l’avrebbe sistemata lui!
    Salì a bordo della nave madre in forte stato di ebbrezza, dato che a cena aveva bevuto molto e l’effetto col potente sonnifero, l’aveva tramortito. Era sostenuto da una rabbia cieca: in un colpo solo, avrebbe ucciso Duke Fleed e Rubina che lo aveva così abbindolato.

    Appena Goldrake raggiunse il prato, la tela di ragno che Zuril aveva messo sotto l’erba, intrappolò il pilota e il suo disco.
    “Rubina, mi hai tradito! Non dovevo fidarmi di te!”
    “No! Non è vero, non lo sapevo, ma adesso ti salverò!”
    Rubina tentò di liberare Goldrake, anche se il grosso del lavoro toccò ad Alcor e Maria.
    Il dito di Zuril premette un tasto a caso: un raggio colpì in pieno la Quenn Panther e anche Rubina.
    Il suo velivolo precipitò al suolo, mentre l’astronave di Zuril era avvolta nelle fiamme.

    Scesero tutti dai rispettivi veicoli. Duke estrasse Rubina, e la portò sul prato fiorito, mentre Alcor Maria e Venusia rimasero discretamente distanti.
    La principessa moribonda aprì gli occhi una volta adagiata sull’erba.
    “Ah, sei ancora viva, molto bene.”
    “Duke… io… non volevo ingannarti…”
    “Lo so cara, tranquilla. Senti, intanto che ci siamo, mi dici dov’è collocata esattamente la base di Vega sulla Luna?”
    “Io… io…”
    “Su, fai un piccolo sforzo.”
    “Te lo dico solo se prima mi prometti una cosa.”
    “Dimmi” disse lui al limite della pazienza. “Però spicciati, vedo non hai una gran bella cera…”
    “Siccome su Fleed il verde sta tornando, ecco qui la foto che lo dimostra, il primo fiore che vedrai sbocciare, lo chiamerai Rubina?”
    “Sicuro, parola d’onore.”
    “Sono felice. Però lo innaffierai, coltiverai, poterai, avrai ogni cura, vero?”
    A quel punto, Venusia, appoggiatasi al suo Delfino Spaziale, non potè trattenere un singhiozzo. Sapeva benissimo che quel lavoro ingrato sarebbe toccato a lei.
    “Grazie. La base si trova al centro dell’altra faccia della luna.”
    “Ottimo. E’ molto grande? Come siete messi a mostri?”
    Ma Rubina esalò l’ultimo respiro e con lei anche Zuril. Quella compressa di sonnifero conteneva anche una dose massiccia di veleno.

    A tutta prima, il principe di Fleed tirò un gran sospirone di sollievo: si era levato di torno l’ennesima incastratrice. Subito dopo però, fu assalito dal panico.
    “Ma… ha detto che diventerà un fiore… quindi sboccerà ogni primavera? No……! Ecco, l’ha trovato il modo per incastrarmi, accidenti a lei! Vivrà in eterno! Ma poi… annaffiare… coltivare… nooo, è un incubo dentro un incubo!”
    E così, Duke Fleed fu in preda ad una disperazione senza precedenti. Corse per il prato correndo e gridando per alcuni minuti. Poi… una volta arrivato sulla cima del monte Yatsugatake e davanti ad un’alba luminosa, fu colto da una folgorante e risolutiva illuminazione. Ma sicuro! Mica sarebbe andato da solo su Fleed, c’era pur sempre Maria, no? E allora? Lei avrebbe curato i fiori Rubina, quello è un lavoro da donne, dopotutto. Ah, che sollievo, tanto rumore per nulla.

    Molti mesi dopo…

    Quando si ebbe la certezza che Fleed era completamente privo di radioattività Duke e Maria partirono.
    Lungo il viaggio, lui pensava: “Mi sono informato, i superstiti fleediani sono tutti accasati, quindi nessuna probabile fidanzata all’orizzonte, adesso sono libero una volta per sempre!”
    Ricordò Venusia al momento degli addii… non era triste, anzi, aveva un sorriso soddisfatto sulle labbra. “Beh, si è rassegnata, in fondo l’ho sempre detto che è una ragazza intelligente.”
    Guardò Maria. Era tranquilla.
    “Sei contenta? Stiamo per arrivare.”
    “Sì, molto.”
    Dopo un istante, la sentì gridare di gioia.
    “Evviva, dopodomani saranno da noi! Mi è arrivato adesso il messaggio!”
    “Chi, Maria?”
    “Come chi? Alcor e Venusia, no? La Cosmo Special è fatta apposta per navigare nello spazio profondo. E poi abbiamo bisogno di aiuto… e il dovere di ripopolare il nostro pianeta.”

    Non era possibile, questo era davvero troppo! Venusia su Fleed? Ripopolare? Quindi… quindi bisognava sposarsi! Nooo!!!
    Ma cos’era, una maledizione?

    Non esattamente. Duke Fleed non sapeva che al momento della nascita, la sua madrina, mentre lo teneva in braccio e lo guardava con affetto infinito, aveva così pronosticato: “Non rimarrai mai solo dalla tua giovinezza in poi, per via del tuo fascino irresistibile.
    Tante donne ti cercheranno, saranno disposte a tutto pur di averti, e sarai per questo invidiato da molti.”


    FINE
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